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Giovanni, perché non scrivi mai a proposito delle discipline energetiche?

Questa domanda me la sono sentita fare spesso negli ultimi due anni poiché, avendo scritto sui miei siti ormai più di 60 articoli sull’argomento “energia” e avere insegnato all’interno di molti corsi, alcune persone hanno cominciato a interrogarsi o semplicemente ad aspettarsi che prima o poi due parole su alcune discipline energetiche le spendessi.
Ecco. Qui ho deciso di rispondere per tutti:
Premetto subito, per chi non mi ha seguito fin dall’inizio di questa pagina della mia vita, che in realtà un accenno lo scrissi pochissimo dopo l’uscita del mio primo libro e chiunque voglia può leggere questi due articoli: Pranoterapia. E’ vero che funziona solo su chi ci crede? Allora è solo effetto placebo? e soprattutto Si può classificare l’energia?

Ora però veniamo al nocciolo:

Ci sono 3 motivi fondamentali, che approfondirò qui sotto, per il quale non parlo mai di discipline energetiche:

Le discipline energetiche sono semplicemente una pratica basata su una classificazione

Che cosa intendo dire? Quando parlo ad esempio di pranoterapia, chi la conosce formula subito una sorta di immagine contenente le strutture energetiche e le nozioni specifiche della disciplina. Pensa subito ai chakra, alle correnti energetiche e via dicendo. Non si aspetta certo che all’improvviso citi i meridiani energetici che sono parte non solo di altre discipline, ma addirittura di un’altra filosofia o corrente. Chi non la conosce invece, comincia a farsi un’idea che, in mancanza di altre informazioni fondamentali, rischia di portarlo/a fuori strada.

Le discipline energetiche, come qualsiasi altra disciplina, hanno bisogno di una formazione dal vivo, attraverso corsi seri e professionali dove l’eventuale lacuna può trovare una risposta prima che questa provochi un errore. Non bisogna dimenticarsi mai che le discipline energetiche corrono su un filo sottile legato alla nostra capacità di acquisire informazioni in assenza di pregiudizio prima e di giudizio dopo. Quando, ad esempio, si sente affermare che Pinco Pallino ha ottenuto risultati brillanti per il proprio benessere dopo essersi sottoposto ad un trattamento di qualsiasi disciplina energetica, il primo pensiero che la maggior parte delle persone elabora è che quella determinata disciplina energetica è utile per quel determinato disagio. E’ naturale no? E invece no!. Il fatto che ad esempio la pranoterapia abbia dato buoni risultati a me, non significa che dia gli stessi risultati ad un altro, e questo perché le variabili sono moltissime. Ciò vale anche dal lato dell’operatore. Il fatto che abbia ottenuto buoni risultati per un determinato disagio, non fa di me un operatore adatto a quel tipo di disagio su un’altra persona.

Tutto ciò è difficile da comprendere se prima non si segue un percorso che ci porta a comprendere che in ambito energetico non esistono regole fisse (se faccio così ottengo questo), e che il mondo energetico che sta alle spalle di tutte queste discipline non è settoriale ma bensì un insieme che va al di là della singola disciplina.

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La conoscenza delle discipline energetiche non è una conoscenza indispensabile per approdare al mondo energetico

Lo so, l’affermazione qua sopra può sembrare un tantino approssimativa e magari ingenerosa verso coloro che si spendono da anni alla divulgazione delle tecniche energetiche (fra cui anche io). Fatto sta che non devo necessariamente diventare avvocato per conoscere giurisprudenza o medico per scoprire che nel mio corpo esiste il fegato. Sono due cose differenti.

La conoscenza del mondo energetico è, o meglio, dovrebbe essere a mio avviso, un cammino personale che insegna a prendere coscienza di se stessi alla pari della conoscenza delle regole sociali che impariamo fin da piccoli per ambientarci e districarci meglio nel mondo dove viviamo.

Quando parliamo di meridiani energetici, non parliamo di discipline orientali, ma di meridiani che, a prescindere o meno che vengano trattati all’interno delle discipline orientali, continuano ad “esistere”.  Questi meridiani hanno delle caratteristiche la cui conoscenza può aiutare a comprendere meglio le proprie dinamiche, i propri stati d’animo di fronte alle situazioni, il proprio disagio in certi momenti della giornata. In questi casi non importa saperli trattare, basta sapere che sono lì, che hanno determinate funzioni, che quando l’energia vi scorre all’interno (ciclo circadiano) possono avere determinate reazioni e ciò significa qualcosa. Quel qualcosa va poi portato nella nostra realtà quotidiana e analizzato.

La globalizzazione e i suoi limiti in ambito “energetico”

Nei miei ultimi 25 anni dedicati all’argomento “energia” e “campo energetico”, ho incontrato centinaia di persone convinte che il proprio metodo fosse il meglio nell’ambito delle discipline energetiche. A volte ho assistito anche a discussioni che sembravano più una sorta di gara che un pacifico confronto di opinioni. A questo proposito vorrei che si ragionasse su una cosa: se provassimo a frequentare dieci scuole diverse per ogni disciplina esistente o conosciuta, scopriremmo che ognuna di esse propone un metodo che si differenzia dall’altra pur “insegnando” tutte e dieci, la medesima disciplina. Questo ovviamente accade per “ogni disciplina” o sicuramente per quelle più datate che hanno un lungo passato alle spalle. 

Le discipline energetiche non sono infatti come la medicina, ossia con un protocollo preciso. Ogni tentativo di “globalizzazione” della tecnica, oltre a produrre un risultato certamente negativo, sarebbe destinato a fallire in quanto la globalizzazione può avvenire sulle cose materiali (creazione di standard), sulle regole ( ad esempio la suddivisione del tempo in anni piuttosto che mesi, giorni, ore, minuti e secondi), sui metodi d’intervento (l’esempio prima citato della medicina che si avvale di mezzi terzi, le medicine, per intervenire sulle patologie), financo alla lingua (esempio il tentativo di rendere l’inglese lingua universale) , ma tentare di globalizzare l’essere umano inteso appunto come “essere” non ha possibilità di riuscita. 

Un esempio che ci può aiutare a capire meglio questa impossibilità, può essere quello di prendere in analisi un “clone”. La clonazione permette di produrre una copia esatta in tutto e per tutto dell’originale, ma questa “copia esatta” lo è solamente da un punto di vista fisico. Il clone infatti vivrà poi le proprie esperienze che lo differenzieranno inevitabilmente dal suo “originale”. Ecco che il solito trattamento di una disciplina energetica eseguita sui due soggetti “cloni”, produrranno due effetti diversi, perché tutte le discipline energetiche, basate ognuna sul concetto olistico, non possono, e aggiungo non devono, guardare all’essere umano come un’organizzazione statica di elementi.

Ecco dunque che il tentativo di ognuno, nel rendere più organizzata e intuitiva una pratica, finisce per differenziarla dalle altre in base al proprio modo di “vedere il mondo”, alla propria esperienza, alla propria conoscenza e il proprio modo di “sentire”.

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Conclusioni

Come sempre ho ripetuto ai miei allievi, le discipline energetiche sono UN mezzo per portare benessere, non IL mezzo”!

Sono da sempre convinto, e negli anni questa convinzione è sempre andata maturando, che il primo significativo passo per il raggiungimento del proprio benessere sia quello di conoscersi meglio. Sembrerebbe una banalità, che già di per sé è positivo in quanto se una cosa è banale significa che è già assodata da tempo, ma conoscersi e “conoscere” il mondo su cui ci regoliamo, tende a produrre l’effetto di “mettere pace” a molti conflitti che ci auto-imponiamo. Ci permette anche di “uscire” da quella chiusura mentale che ci è data dalla nostra “appartenenza” a noi stessi. Ciò che voglio dire è che se si conoscono i meccanismi di come funziona una cosa, è più facile prevenire invece che sbatterci la testa e, nel caso l’avessimo già sbattuta, piuttosto che continuare a sbattercela saremmo in grado di sapere il perché e rimediare.

Non bisogna dimenticare che le discipline energetiche non sono semplicemente “pratiche” da applicare col paraocchi su qualunque soggetto, ma trattamenti mirati in base all’esigenza e alla “natura” del soggetto stesso. Quando andiamo da un operatore la prima volta, lui non comincerà il suo trattamento immediatamente dopo aver varcato la soglia del suo studio, ma parlerà con noi per capire il problema e adatterà la sua tecnica al problema. Questo “contatto” pre-trattamento è utile a comprendere chi abbiamo di fronte, sentirlo parlare ci aiuterà a creare una prima visione della persona che dovrà essere tracciata senza alcun giudizio o peggio ancora pregiudizio. Solo così potremo cercare di vedere le cose per come le vede chi ci sta di fronte e comprendere quali sono i meccanismi che lo hanno portato a produrre un problema.

Perché tutto questo? Che senso ha?

L’80% della risoluzione di un problema sta nella comprensione dello stesso!

E adesso chiediamoci: la comprensione del problema è data dall’applicazione di pratiche energetiche o da un elaborato processo mentale basato sul funzionamento delle cose?

Se risponderete correttamente, capirete perché non mi interessa spiegare per scritto una disciplina (anche se un domani non escludo di farlo).

 

Voi che ne pensate? 

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Ricorda che è possibile scaricare un contenuto gratuito estratto dai due seguenti libri:

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